Spunti e riflessioni dal Convegno delle Stelline 2025

Negli ultimi anni, due protagonisti della trasformazione scientifica si sono incontrati su un terreno comune: l’Open Access (OA) e l’Intelligenza Artificiale (IA). Il primo promuove l’accesso libero ai risultati della ricerca; la seconda sviluppa strumenti sempre più avanzati per analizzare e interpretare informazioni. È nel dialogo tra queste due dimensioni che si apre oggi uno scenario promettente per l’accelerazione della conoscenza.
Se ne è parlato ampiamente anche nell’edizione 2025 del Convegno delle Stelline (Milano, 12-13 marzo), dove la redazione di The BOSs ha raccolto e ripropone alcuni spunti interessanti. 

Accesso aperto: una risorsa strategica per l’IA

Per funzionare in modo efficace, l’IA ha bisogno di dati: non solo in grandi quantità, ma anche di qualità. È qui che l’OA mostra il suo valore. Rendendo disponibili articoli peer-reviewed, dataset strutturati e materiali scientifici verificati, l’OA offre un’infrastruttura affidabile e interoperabile che gli algoritmi possono analizzare in modo preciso.

A differenza delle fonti generiche reperibili online, spesso non validate, le risorse in accesso aperto riducono il rischio di bias e allucinazioni algoritmiche – ovvero la produzione di contenuti imprecisi o infondati. Questo rende il patrimonio OA particolarmente adatto all’addestramento e all’impiego di modelli di IA, promuovendo un uso più responsabile e rigoroso delle tecnologie intelligenti.

IA e OA: un motore di scoperta scientifica

L’IA applicata all’Open Access consente di generare nuove ipotesi, individuare pattern nascosti e accelerare la produzione scientifica. In ambito biomedico, ad esempio, l’analisi automatizzata di articoli e database genetici ha portato all’identificazione di nuove correlazioni tra biomarcatori e malattie. Analogamente, in settori come l’astrofisica o la chimica computazionale, l’IA si sta rivelando uno strumento chiave per esplorare e rielaborare grandi volumi di dati aperti.

Ma l’IA non si limita all’analisi. Grazie a strumenti come Semantic Scholar, Scite.ai o Consensus AI, anche la scrittura e la revisione scientifica vengono supportate: gli algoritmi suggeriscono articoli rilevanti, verificano la solidità delle fonti, aiutano a rilevare plagi o incoerenze, e contribuiscono a una peer review più trasparente ed efficiente.

Un orizzonte promettente, tra sfide e opportunità

Come sottolineato da Maria Squarcione – studiosa del rapporto tra tecnologie digitali e biblioteche accademiche – nel suo intervento, parte della sessione “Intersezioni AI: biblioteche e discipline diverse, in dialogo. Esplorando nuovi scenari collaborativi grazie all’intelligenza artificiale”, la sinergia tra OA e IA può contribuire a un ecosistema universitario più equo e collaborativo. Tuttavia, rimangono sfide aperte: i dati open non sono sempre standardizzati, e una bassa qualità può compromettere anche i risultati dell’IA. Inoltre, nonostante l’apertura, permangono questioni di copyright, proprietà intellettuale e uso etico dei dati. Le allucinazioni e i bias algoritmici, se non controllati, rischiano di produrre errori anche gravi.

Per affrontare queste sfide, è necessario puntare su interoperabilità, trasparenza e formazione. Standard come FAIR rappresentano un punto di riferimento, ma vanno accompagnati da politiche istituzionali chiare e da una crescente AI literacy tra ricercatori, docenti e studenti.

Verso una cultura della conoscenza aperta e condivisa

Nel contesto accademico, la sinergia tra Open Access e Intelligenza Artificiale apre le porte a un nuovo paradigma: un’università più aperta, collaborativa, inclusiva. Dove la conoscenza non è solo prodotta, ma anche condivisa, analizzata e trasformata grazie al contributo combinato di comunità scientifica e tecnologie avanzate.

In questo scenario, l’università non è solo spettatrice, ma protagonista. A patto di investire in competenze, infrastrutture digitali e cultura della condivisione.